BATTESIMO DI CRISTO

Autore: Giambattista Cima da Conegliano

Secolo: XV

Chiesa: Chiesa di San Giovanni Battista in Bragora

COLLOCAZIONE: presbiterio

 

La pala di Giambattista Cima, detto anche Cima di Conegliano (Conegliano 1460 – Ivi 1518), costituiva il fulcro del ricchissimo programma iconografico del presbiterio. Il soggetto della pala è il santo titolare, Giovanni Battista, raffigurato nel celebre episodio, così come viene descritto nel vangelo di Matteo, del Battesimo di Cristo. L’episodio è pregno di valore liturgico. Nel vangelo, infatti, Giovanni, mentre battezza Gesù, afferma che colui che verrà “battezzerà in Spirito Santo e Fuoco”. Nel battesimo, infatti, si realizza la nostra partecipazione al sacrifico e alla conseguente redenzione. Non deve stupire, quindi, che un tale episodio sia raffigurato sulla pala dell’altare maggiore, dove si celebra il mistero eucaristico.
Il racconto dell’opera è fitto di rimandi allusivi. La valle del Giordano, che qui ricorda la valle del Piave, tanto cara all’artista di Conegliano, rimanda alla tradizione patristica del contatto, con conseguente purificazione, delle acque col corpo di Cristo. Nella Lettera agli Efesini S. Ignazio di Antiochia descrive tale processo affermando che “Cristo nacque e fu battezzato per purificare l’acqua con la sua Passione”. Il Battista è proteso verso Gesù nell’atto di battezzarlo, al tempo stesso è atteggiato a un umile ritrarsi. Nel vangelo di Marco emerge, infatti, come il Battista sapesse bene chi stava battezzando (“non sono degno di sciogliere il legaccio dei tuoi sandali”).
Al centro dell’opera è raffigurato Cristo, vera fonte di salvezza e di vita. Osservando il dipinto, notiamo che i piedi di Cristo poggiano sul greto asciutto del fiume mentre l’acqua si ritira in una conca naturale della riva. In questo vi è un rimando a un passo del Salmo 114, in cui si ricorda, parlando della liberazione degli Israeliti dalla schiavitù d’Egitto, che il mar rosso si ritrasse e il Giordano si volse indietro. Tale passo è richiamato anche nella liturgia pasquale, nel momento in cui si benedicono le acque battesimali, con lo scopo proprio di simboleggiare il cammino verso la salvezza che ogni uomo compie dopo il battesimo. Lo sguardo di Cristo è rivolto verso lo spettatore, invitandolo all’”imitatio Christi”, ovvero alla radicale conversione su modello cristiano.
Sopra la figura di Cristo, nel cielo, abbiamo la rappresentazione della cosiddetta “teofania”, ovvero la manifestazione dello Spirito Divino, che scende sottoforma di Colomba verso il figlio consacrando la sua missione. Qui Cima, oltre alla raffigurazione zoomorfa, utilizza un espediente utilizzato già ampiamente nell’Antico Testamento: quello della nuvola da cui discende, tra i raggi di luce, la Colomba dello Spirito. Circondano la nube i cosiddetti cori angelici superiori, composti da Serafini (gli angeli rossi), i Cherubini (blu) e i Troni (giallo). Accanto a Cristo, raffigurati nell’atto di reggergli le vesti, abbiamo i cori angelici inferiori, con fattezze umane.
La tecnica pittorica è caratterizzata da un uso abbondante della luce, evidente dalla morbidezza delle membra del corpo e dal contrasto con le tinte scure della figura del Battista, che viene presentato nel Vangelo di Giovanni come colui che «non è la luce, ma deve render testimonianza alla luce»